/ Fabio De Donno / da camminare da gustare consigli di lettura viaggiare a piedi
Il Salento, una terra in cui perdersi
Conosciuto prevalentemente per le spiagge, il Salento in realtà è in grado di offrire al viaggiatore un’infinità di emozioni. Terra di confine e ponte tra Oriente e Occidente, ha modellato nelle persone che la abitano uno spiccato senso di ospitalità che si avverte da subito. Si manifesta in ogni negozio o luogo dove entrate quando si rivolgono a voi donne con “ciao signora”, anche se è la prima volta che vi incontrano.
Una terra che coinvolge i 5 sensi
La luce tersa e la terra rosso vivo, quasi sfacciato. Il verde vivace della macchia mediterranea e il blu intenso del mare. Questo è il Salento per chi arriva la prima volta, una gioia per l’iride. Colori che diventano emozioni ad ogni passo, immersi nella natura, che accompagnano il viaggiatore curioso alla scoperta del suo viaggio.
Non dimentichiamo i profumi: della terra, dei fiori in primavera, dell’acqua di mare quando le onde si infrangono sugli scogli. Ma anche il profumo che il vento porta con la tramontana un’aria che sa di montagna, con lo scirocco che ha il sapore del deserto. E quelli delle pasticcerie, delle cucine di casa, dei forni.
Il silenzio degli ampi spazi di Torre sant’Emiliano o della Palude del Conte, dove solo qualche airone fa sentire il fruscio delle sue ali. Il suono della risacca del mare sulla spiaggia di Punta Prosciutto o dietro il porto di Otranto. I cigolii dei pini durante una giornata di forte vento, come se volessero parlarci. Un suono che diventa una armonica sinfonia.
Toccate le foglie del salvione e del cisto, buffe con una leggera peluria, o quelle della quercia spinosa e della salsapariglia, lucide e scivolose. Strofinate la mano sul mirto e poi avvicinatela al naso per sentire l’aroma delle sue foglie e delle sue bacche. Avvicinatevi al cappero per sentire il loro spessore; prendete un rametto di rosmarino, o di timo, o di elicriso e sentite il profumo che sprigionano…
E poi gustate i piatti in qualche trattoria dal sapore autentico dove il tempo sembra essersi fermato. Se ne trovano ancora alcune, sempre meno. Piatti poveri ma gustosi, con pochi ingredienti abbinati alla perfezione: fave ed erba di campo (cicureddhre) o la classica ciceri e tria, ceci con pasta fatta in casa, una parte della quale fritta; la burrata ripiena di stracciatella e i pezzetti di cavallo cotti al sugo. Il pasticciotto e la pasta di mandorla. Per chiudere con un caffè salentino, tutto da scoprire.
Consiglio di lettura
Dalle zie. Luoghi, ricette e fantasmi dal Salento, Fabio De Donno, Fabbrica dei Segni 2022.
Il passato di Otranto
Camminare nel centro storico di Otranto vi farà tornare indietro nel tempo, nonostante i negozietti turistici abbiano oramai soppiantato le antiche botteghe di paese. Ma basterà spostarsi nei vicoletti per assaporare il gusto di luoghi antichi, trovarsi immersi nelle atmosfere dei secoli passati quando ancora la cittadina era esposta al rischio degli attacchi saraceni. Nel luglio del 1480 avvenne l’evento più tragico di tutta la Terra d’Otranto: una flotta di 18.000 soldati turchi si appresta ad assediare la città per iniziare l’espansione verso la conquista del Regno di Napoli. Otranto, la porta verso e da l’Oriente, resiste per 15 giorni. Eroicamente, con pochi soldati a presidiare le mura. I cittadini non vogliono lo straniero invasore. Mamma li Turchi, ancora echeggia nei modi di dire dei più anziani. Otranto cade, inevitabilmente. Maometto II, grazie al suo abile e spietato comandante Gedik Ahmed Pascià, ha aperto un varco per conquistare il meridione e marciare con il suo esercito verso Napoli. La sua improvvisa morte nella campagna di conquista dell’Anatolia ferma il progetto di espansione e Otranto torna sotto gli Aragona. Nella cattedrale è possibile vedere parte delle spoglie degli 800 cittadini decapitati dopo la resa della città. Ora sono stati riconosciuti come martiri, anche se l’assedio aveva ben poco di questioni religiose. La cattedrale è un posto imperdibile: un immenso mosaico pavimentale vi racconta personaggi e filosofia del tempo e l’albero della vita ricopre l’intero pavimento. Composto da più di seicentomila tessere di vari colori è l’espressione del pensiero che in quegli anni era in grado di produrre l’abbazia di San Nicola in Casole. Luogo di culto e di studio dove religione e filosofia si incontravano e cercavano di dare risposte sul senso della vita; era dotata di una tra le più importanti biblioteche d’Europa. Nello scriptorium venivano copiati i testi più importanti che arrivavano dall’Oriente, quando l’igumeno (il corrispondente dell’abate per i latini) Nettario, accompagnava i diplomatici europei in visita a Costantinopoli. È andato tutto perduto con la presa di Otranto. Di questa testimonianza ci rimane ben poco: qualche muro della chiesa all’interno di una proprietà privata, visibile solo da lontano.
Consiglio di lettura
L’ora di Tutti. Maria Corti, Bompiani 2001.
Una terra per camminare
Un luogo che da poco è stato scoperto anche per essere percorso a piedi, con scarpe da trekking e zaino. In Salento si può camminare per giorni interi sempre lungo costa, avendo come compagnia la distesa infinita di mare che si apre al vostro fianco. Lungo la costa adriatica, nelle terse giornate invernali, potrete vedere le cime dei monti Acrocerauni imbiancate dalle neve. L’Albania è vicina, una manciata di chilometri che ha permesso a molti abitanti di quella terra di raggiungere le coste italiane nei primi esodi di massa degli anni ‘90. D’altronde Punta Palascìa è il punto più a est d’Italia, il luogo dove ogni primo gennaio, decine di impavidi salentini (e qualche sporadico viaggiatore di altre terre) aspettano sorgere il sole in quella che è la prima alba d’Italia.
La cosa che sorprende è la varietà dei paesaggi che si incontrano lungo il litorale. Alle bianche scogliere e ai faraglioni della morbida e malleabile calcarenite di Sant’Andrea e Torre dell’Orso si alternano le lunghe spiagge dell’Alimini che a loro volta lasciano spazio al duro calcare che si stende verso il Capo di Leuca. Grotte, insenature, pajare e torri costiere vengono lambite dai sentieri che legavano come un filo immaginario l’intero litorale salentino.
Ogni luogo, ogni angolo, ogni pertugio ci racconta storie: le Érgate ci parlano di contadini che la sera, dopo aver lavorato i piccoli fazzoletti di terra che il calcare lasciava loro coltivare, diventavano pescatori tirando le reti da una parte all’altra di un’insenatura per prendere il pesce che transitava sotto scoglio. O le grotte, la maggior parte invisibili ai nostri occhi ma presenti, scavate dal lento e inesorabile lavorio dell’acqua hanno accolto uomini e animali nel corso dei millenni. O ancora le torri costiere, sempre presenti compagne nel nostro peregrinare da una marina all’altra.
Il mese migliore per percorrere i sentieri in Salento è maggio. L’aridità dell’estate toglie il fascino di una vegetazione che sa dare il meglio proprio nei mesi dopo Pasqua. Le mille sfumature dei fiori tappezzano ogni angolo di questa terra e si armonizzano perfettamente con una macchia mediterranea sempre viva.
Consiglio di lettura
Camminare in Salento. Trekking tra mare e terra (vol. 1 e vol. 2), Paola Canobbio e Fabio De Donno, Fabbrica dei Segni 2016.
Il trekking delle torri costiere
Le sentinelle silenziose del meridione. In provincia di Lecce se ne contano 53, alcune delle quali il tempo ci ha tolto la possibilità di conoscere direttamente. Accompagnano l’escursionista lungo tutto il litorale salentino. Partendo dal litorale adriatico del mare leccese fino ad arrivare, dopo aver passato il Capo di Leuca, il finis terrae della penisola salentina, a Torre Colimena, primo comune in provincia di Taranto. Un lungo itinerario a tappe dove le torri completano il meraviglioso paesaggio che si incontra. Costruite a seguito della oramai nota vicenda della presa di Otranto servivano ad avvistare eventuali incursioni piratesche. Erano in collegamento visivo tra loro in modo da poter creare un rapido sistema di comunicazione in tempi brevi e poter così predisporre il ritiro nell’entroterra. Non pensate che le torri siano tutte uguali. Ne esistono di tipologie diverse nella forma e nella costruzione. Ma sopratutto ognuna di loro ha una propria storia da raccontare. Ognuna porta con se i segni del tempo ma anche l’impronta che i costruttori le hanno dato. Quelle fatte con maggiore cura rispetto a quelle “tirate su” in fretta, quelle con i blocchi ben squadrati e quelle tutte irregolari. Quelle che hanno cercato di difendere il litorale (erano anche attrezzate con armi da fuoco anche se il loro scopo non era difensivo ma solo di avvistamento) e quelle che non hanno avuto modo di farlo. E dentro ogni torre si sono avvicendate storie di uomini che le hanno vissute, che dall’alto scrutavano il mare, che percorrevano a cavallo lo spazio tra una torre e l’altra.
Ora sono lì, a ricordarci quanto fosse incerto il futuro sospesi tra un Oriente molto prossimo e un Occidente sempre un po’ troppo distante.
Consiglio di lettura
Trekking delle Torri Costiere in Salento. Itinerario escursionistico tra storia, natura e leggende. Silvia Camagni e Fabio De Donno, National Geographic 2022
Esperienze di viaggio
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