/ Alessia Iselle / da gustare ricette e cucina
Per un pugno di spaghetti
“Mollare non mollare, spaghetti non spaghetti…ti preoccupi troppo di ciò che era e di ciò che sarà!
C’è un detto: ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono…per questo si chiama presente!” Kung Fu Panda
La pasta è una delle mie grandi debolezze. Ovunque vai la trovi sul menù: 100% di carboidrati delizia per il palato, è uno degli alimenti più accessibili al mondo. Quasi ogni paese ne ha una sua versione unica, popolare ed economica. In Germania e Ungheria gli spaetzle. In Grecia, si chiama Orzo. In Polonia, si mangia il pierogi. Le famiglie ebree ashkenazite fanno gli gnocchi di kreplach. Gli americani ci hanno rubato mille ricette inventandosene, senza vergogna, alcune di loro.
In tutto il mondo quando si pensa alla pasta, si pensa a cibo italiano, e molti, noi in primis, ne millantiamo l’invenzione. In realtà ha una storia molto antica che rende quasi impossibile sapere dove abbia avuto origine.
Gli spaghetti in Cina sono un cibo consumato principalmente a nord e sono ancora spesso fatti a mano. Guardare mentre vengono tirati è una delizia tanto quanto mangiarli fumanti nel piatto. È frequente, soprattutto in città come Xi’an, Pechino o lungo la Via della Seta poter osservare il cuoco che allunga la pasta tra le mani con grazia e abilità.
Italia si, Italia no: dove sono nati gli spaghetti?
Chi è nato prima quindi, la pasta italiana o i noodles cinesi? A chi dobbiamo questa invenzione che ha cambiato il mondo?
Nel 2005, gli appassionati di tutto il pianeta si entusiasmarono quando alcuni scienziati cinesi portarono alla luce una ciotola di spaghetti antica 4000 anni in un sito archeologico di Lajia, in Cina. Era il primo esempio di spaghetti della storia? La maternità di questo piatto, quindi, non andava più alla signora Maria?
Gli scienziati ritennero che i noodles ritrovati potessero essere stati fatti con due tipi di miglio. Dalla scoperta ebbero origine varie discussioni su cosa fosse veramente questo piatto, perché il miglio, essendo senza glutine, non è adatto a farli come li conosciamo noi. Ne seguì una lunga controversia tra archeologi, conclusa con la comunità scientifica fuori dalla Cina inclina a pensare che questa altro non fosse se non una operazione di marketing.
Andando oltre la rilevanza di come possa cambiare le sorti culianrie del mondo riuscire a svelare questo arcano e dare la giusta maternità all’ingrediente più famoso della nostra cucina, quello che sappiamo è che probabilmente è il discendente della prima pasta di grano asiatica.
Marco Polo e il marketing del Gran Khan
Una credenza comune sulla pasta è che fu portata in Italia dalla Cina da Marco Polo durante il 13 ° secolo. Nel suo libro, “Il Milione”, c’è un passaggio che menziona brevemente una pianta da cui si produceva farina (forse un “albero del pane”). I cinesi usavano questa pianta per creare un alimento simile alla farina d’orzo. Marco racconta come questo ingrediente venisse usato per preparare diversi piatti simili alla pasta, tra cui uno descritto come “lagana” (lasagna). Il testo originale di Polo non esiste più e il libro si basa in gran parte su rilegature di vari autori. Questo, unito al fatto che la pasta stava già guadagnando popolarità in altre zone d’Italia nel corso del 13 ° secolo, rende molto improbabile che Marco Polo sia stato il primo a introdurre la pasta in Italia. Altra operazione di marketing.
Già durante la Dinastia Han (206 AC – 220 DC) si cita la pasta mentre in occidente la sua prima documentazione è datata intorno al 500 e 600 d.C.
Questo però non significa che la Cina abbia “inventato” ciò che ora consideriamo pasta.
Nomi diversi, stesso piatto
La tesi più accreditata è che gli spaghetti cinesi si siano fatti strada in Asia, Corea e Giappone, in tutta l’Asia centrale e poi in Turchia. Questo era il modo in cui si muovevano i modelli di migrazione e le rotte commerciali. E per quanto riguarda la pasta italiana, gli spaghetti mediorientali, sviluppati dopo il quinto secolo, hanno probabilmente influenzato la tradizione culinaria europea, regalando così al nostro paese e al mondo intero uno dei piatti più buoni che esistano.
E regalando a me una dieta basata al 90% sui carboidrati con le conseguenze che ne possono derivare.
Uno dei problemi in questa diatriba ha a che fare con la parola “spaghetti” stessa. Spaghetti è un termine ideato dall’Occidente e indica la famosa pasta lunga. Ma in Cina, un noodle non è chiamato ‘noodle’ come viene chiamato in occidente. Si chiama ‘miàn‘ o ‘mein’. Miàn non si basa sulla forma di quello che stai mangiando, ma sul fatto che sia fatto di farina. Quindi in questo senso uno gnocco e un raviolo sono entrambi “miàn”.
Probabilmente il tempo che gli studiosi hanno dedicato a scoprire chi abbia inventato gli spaghetti sarebbe stato meglio lo avessero investito altrove, ma le vie dell’antropologia sono infinite immagino.
Io rispetto a questo “dramma culinario” dormo di notte e il messaggio che ne deriva è che nessuna cultura “possiede” un particolare cibo, solo perché i suoi popoli lo mangiano. Quello che accomuna culture distinte è che le persone condividono l’amore per la cucina e l’ospitalità.
Quindi sedetevi su uno sgabello per strada, ammirate il cuoco che lavora i lunghi spaghetti, mangiatene una ciotola fumante e godetevi lo spettacolo.