Happy
to be here

Il blog di Girolibero

/ /

Un tè per viaggiare: Vietnam

Pieno luglio. Voglia di mare e di vacanze, nonostante il clima alterni caldo tropicale e acquazzoni. Proprio come l’estate vietnamita. Sarebbe bello farci un giro, laggiù, vero? Già: e allora iniziamo a prepararci un té, scegliamo un libro e guardiamo le prossime partenze per il Vietnam.

E che tè scegliere per assaporare l’atmosfera vietnamita? A consigliarcelo è Nicoletta Tul, tea expert e giudice alla International Tea Masters Cup, dal suo adorabile negozietto La finestra sul tè di via Barbarigo, a Padova.

Un tè per viaggiare: il Wild Snow Shan Tuyet

Il tè che Nicoletta propone è un Wild snow shan tuyet, prodotto nella regione vietnamita dello Ha Giang: lo prepara riscaldando l’acqua a 80-85 gradi e per una tazza grande di tè (250-300 ml) mette in infusione 3 grammi di foglie per 2 minuti.

Wild snow shan tuyet deriva da piante secolari, vecchie più di cinquecento anni, di camelia sinensis (la pianta del tè) di una particolare sottospecie chiamata shan, che cresce solo in alcune regioni del Vietnam e della Birmania e che ha un sapore dolce, fruttato: quando viene lavorata come tè nero sa di cioccolato fondente!

A differenza di Sapa, la zona del Vietnam più nota e turistica, Ha Giang è una regione ancora pressoché vergine, con le sue foreste e le sue cascate, al limitare delle quali vivono in villaggi di palafitte popolazioni autoctone ancora fortemente legate ai ritmi della natura. Ed è questa “potenza primitiva” che si ritrova nel gusto del tè: molto ricco, dal retrogusto intenso, una forte persistenza al palato e grande mineralità.

Viene raccolto due volte all’anno, tra marzo e i primi di maggio, e poi in autunno dopo la stagione delle piogge. La pianta è antichissima e perciò ha radici molto fitte, per questa ragione non ha modo di crescere a dismisura, ma tende a fermarsi, secondo il concetto del “bonsai”: nella sua foglia, relativamente piccola, quindi le caratteristiche chimiche e organolettiche sono concentrate. Oltretutto è oggetto di un fenomeno particolare, visibile ad occhio nudo su alcune foglioline: la pianta viene morsa da una piccola cavalletta che ne succhia la linfa, chiamata jacobiasca, e per difendersi produce degli ormoni vegetali e, a cascata, molte altre sostanze tra cui i tarpeni che sono responsabili del sapore particolare di questo tè, che sa di miele, pesche e ha anche una nota moscata.
Berne una tazza non è esattamente come trovarsi lì, in Ha Giang, ma quasi.

E che libro leggiamo mentre beviamo questo té?

Noi ti suggeriamo Acqua di mare di Charles Simmons (Sur edizioni, collana BigSur, traduzione e prefazione di Tommaso Pincio) che ha la meravigliosa caratteristica di essere un romanzo delicato, profondo, lieve e letterario al tempo stesso (per noi d’estate si leggono libri profondi tanto quanto d’inverno, ma magari un poco meno impegnativi!). Il traduttore, poi, è anche uno scrittore di talento, e infatti la prosa fluisce scorrevole, proprio come le onde del mare di cui si racconta.

La storia è una sovrapposizione di triangoli amorosi, appena accennati. Il protagonista sedicenne si innamora di una vicina di casa di vacanza ventenne. Tutto nella norma se non fosse che i coprotagonisti, attori sulla scena tanto quanto loro, sono i genitori. Coppie sfilacciate e messe alla prova del tempo, che si cercano e sembrano ritrovarsi per poi perdersi di nuovo, in quel turbine che sono le relazioni sociali, anche le più strette.

Sullo sfondo una barca, le passeggiate in riva con il cane, i party tra vicini, discettazioni sull’amore e sui fatti piccoli e all’apparenza insignificanti della vita. Approdano amici, vecchie conoscenze, e il protagonista cerca di capire, nel confronto con loro, cosa gli stia succedendo. Uomini e donne sono descritti tra idiosincrasie e sogni inconfessabili, ma senza che sembri fatto apposta.
Acqua di mare è un romanzo estivo e invernale insieme, che disvela nella prima riga il suo finale. Ma come per magia, presi dai fatti, lo dimenticherete fino all’ultima pagina, pur sentendo, in tutta la lettura, quel filo di inquietudine che ogni vita degna di essere vissuta porta con sé.


Torna su