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Happy to read here – Finlandia e Pisa Book Festival
Dal 10 al 12 novembre si terrà il Pisa Book Festival, e quest’anno il paese ospite è la Finlandia, e presso lo stand dell’ambasciata finlandese ci saremo anche noi con tutte le nostre proposte di viaggio per scoprire questo bel paese. Per questa speciale occasione abbiamo chiesto alle Personal Book Shopper di raccontarci uno dei libri degli autori ospiti a questo appuntamento letterario.
Valentina e Gioia hanno letto per voi Scompartimento n° 6 di Rosa Liksom: pronti a viaggiare in treno da Mosca a Ulan Bator?
Pisa Book Festival e Scompartimento n. 6 di Rosa Liksom (Iperborea)
Uno stesso scompartimento di treno. Quello che abitano lei, la ragazza finlandese, e lui, l’uomo russo, e che li conduce in un viaggio dell’anima attraverso la Russia ghiacciata, sulla Transiberiana, da Mosca a Ulan Bator in Mongolia, durante una gelida primavera agli sgoccioli degli anni ottanta. Il titolo del romanzo (Scompartimento n.6) omaggia Čechov e la corsia di manicomio che porta lo stesso numero, e ch’è un suo celebre racconto (Corsia n.6), ma c’è di più: anche in questa narrazione, che ha la misura di un romanzo breve ma in realtà segue la struttura ipnotica di un sogno (o di un viaggio, appunto), c’è un folle. Rimasto indietro, a Mosca.
È l’innamorato di lei, che s’è finto pazzo per non combattere in Afghanistan e che poi è ammattito veramente. Sul treno quindi la ragazza c’è salita sola, per un viaggio programmato in due, e che in due infine si compie.
L’altro sale poco dopo. È un uomo fatto e finito, maschilista, sciovinista, maleducato e volgare, che ha sperimentato il brutto, il vuoto, la violenza e il carcere, e sotto questa scorza dura come un callo il resto si cela. Ma parla, parla sempre, quando non beve vodka, fuma, o fa le flessioni. In lui l’urgenza è quella di di ricordare quello che forse vorrebbe dimenticare: la sua vita, la terra, il passato, forse anche il presente.
L’URSS sta morendo, e il treno che sferraglia e arranca, si ferma per far riposare la locomotiva e poi riparte, è l’emblema di tutto questo. E forse di una redenzione possibile: quella stessa che spinge il viaggiatore a spostarsi, senza mai pensare, nemmeno per un attimo, che il viaggio sia finito.
E quando lui impreca a voce alta (una vicina di scompartimento, «una donna dalla stazza di un armadio a quattro ante posò uno sguardo fugace e stizzoso su di lei [la ragazza] per poi sibilare all’indirizzo dell’uomo: “Sono giorni che ascolto i suoi riprovevoli discorsi. Al manicomio dovrebbero spedirla!”») lei invece lo guarda, dapprima spaventata cercando una via di scampo che non c’è, e poi l’accetta: si toglie il walkman e l’ascolta. Beve il tè che lui prepara nel samovar, lo accompagna a fumare. Mangiano insieme.
Insieme guardano fuori dal finestrino. Scendono nelle città.
Scorre la taiga innevata, ricoperta da muri di ghiaccio o di neve farinosa. Vedono sorgere e tramontare il sole color zafferano che nulla può contro un inverno che non finisce mai.
«Il gelo rigido e secco della Siberia le tagliò la faccia e le tolse il respiro. Il ricciolo di capelli sfuggito dal berretto si coprì in un attimo di brina, le ciglia si incollarono, le labbra si saldarono».
Quando il treno staziona, vagano in cerca di sigarette, un pasto caldo, anche un semplice pirožki, un panino farcito. Incontrano persone, si lasciano avvolgere dalla desolazione dei sobborghi industriali, carcasse di un sogno sfumato, e poi ripartono mentre nello scompartimento, e nel treno tutto, l’altoparlante trasmette Šostakovič o Čajkovskij.
«Si allontanano le luci cieche delle fabbriche che sudano quaranta gradi sotto lo zero, i loro cancelli miagolanti, i grandi magazzini centrali, le carogne dei gatti torturati agli angoli degli alberghi, le babbucce di feltro e i pantaloni di lana marroni, le botteghe delle cooperative di consumo [….]. Luce, luce abbagliante, e a un sobborgo segue un altro, luce e penombra, e sfreccia in direzione opposta un treno merci lungo come una notte di veglia […]».
Questo stesso viaggio attraverso la Siberia l’autrice, la lappone Rosa Liksom (nom de plume di Anni Ylävaara), l’ha fatto in gioventù, ma il riflesso della neve di cui scrive, l’oscurità dell’inverno, i cieli estremi e i fiumi ghiacciati, sono russi e finlandesi insieme. Così come hanno un’anima tutta nordica quella nostalgia vorticosa di chi conosce la solitudine – fisica – degli spazi ampi e delle ore buie e il rimpianto per un amore possibile ma rimasto incompiuto.
A tutto ciò, sembra suggerire, un rimedio è il viaggio, sempre che, restando nella metafora, si sappia accettare il proprio compagno di scompartimento.
Rosa Liksom sarà in Italia al Pisa Book Festival il 10 novembre per presentare proprio Scompartimento n.6, vincitore, tra gli altri, del Premio Finlandia, il più importante riconoscimento per la letteratura finlandese.
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