/ Gioia e Valentina Le Personal Book Shopper / da scoprire consigli di lettura
Happy to read here – da New York a Milano
Sei in partenza per una metropoli oppure trascorrerai il Ferragosto in città? In entrambi i casi ecco i consigli di lettura delle Personal Book Shopper Gioia e Valentina che questo mese ci fanno scoprire e guardare New York e Milano con occhi nuovi.
Scopri i consigli di lettura “metropolitani” delle Personal Book Shopper.
Le mille luci di New York di Jay McInerney (Bompiani, 158 pagine)
New York è una categoria dello spirito. Che il viaggiatore ci abbia messo piede o meno, la sensazione è quella di aver piena dimestichezza con la sua mitologia: siamo tutti entrati nei suoi locali ordinando Cosmopolitan, abbiamo passeggiato per Central Park a manina con qualcuno, siamo saliti sul ferry direzione Staten Island, abbiamo fatto colazione per le strade di Manhattan con un caffè di Starbucks in una mano e un bagel nell’altra. Eppure non ne saremmo mai sazi, con un certo spirito voyeuristico, pure. Perché newyorchesi non lo saremo mai.
Così si sente appagato, come spiando dal buco della serratura, il lettore europeo che approccia Le mille luci di New York, romanzo con cui esordì nel 1984 Jay McInerney, enfant prodige della letteratura americana, allievo di Raymond Carver. In un vorticoso racconto in seconda persona (tu, dice il narratore, e ti senti davvero chiamato in causa) il protagonista senza nome entra ed esce dalla redazione di un magazine very cool per il quale si occupa di “verifica dei fatti”, affronta (si fa per dire) una separazione dolorosa dalla moglie fotomodella e finisce per frequentare in compagnia di un amico discutibile i locali malfamati del Lower East side, non disdegnando di affogare i dispiaceri nella cocaina.
La cosa che più stupisce? Il presente americano degli anni Ottanta sembra ancora solo lambire il nostro futuro, quasi trentacinque anni dopo.
Ultima la luce di Gaia Manzini (Mondadori, 248 pagine)
“Da qualche tempo aveva preso l’abitudine di fare una pausa dagli studi per andare in centro, la parte di Milano che amava di più. Con la sua facciata essenziale di mattoni rossi e il tetto spiovente che le dava l’aspetto di un granaio, la chiesa di San Carpoforo aveva sempre attirato la sua attenzione. Si trovava nel cuore di Brera, alla fine di una piccola via”.
Come sfatare il pregiudizio su Milano? Leggere Gaia Manzini. Attraverso le pagine delicate e introspettive di Ultima la luce scompaiono la Milano nebbiosa, la Milano grigia e votata al lavoro, la Milano che traspare dalla cronaca di quotidiani. Si racconta una storia di famiglia, in quello che potrebbe essere definito un romanzo borghese: Ivano, ingegnere settantenne, alla morte dell’amatissima moglie Sofia, raggiunge il fratello a Santo Domingo per scoprire, con lucido stupore, di dover riscrivere la storia del proprio matrimonio. Il passato e il presente si fondono, nell’alternarsi del racconto, sotto una luce nuova. La stessa che investe gli scorci della città dove tutto s’è compiuto, Milano appunto, posandosi sui vicoli, le piazze, ed entrando di sbieco anche negli appartamenti, dove la vita si compone anche solo stando a guardare. E non sempre l’architettura che ne viene fuori è quella sperata. Ma come il nuotatore di rana, Ivano bambino e poi adulto, trattiene il fiato quando s’immerge per poi prendere il respiro nel riemergere, secondo il ritmo consolidato acqua-luce acqua-luce, l’importante è che “ultima [sia] la luce”.