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Cosa visitare a Petra, cuore antico della Giordania
Descrivere con una serie di aggettivi positivi e lirici quella che è considerata come una delle Sette Meraviglie del Mondo, sembra davvero superfluo nel caso della città di Petra, l’eccezionale sito archeologico a sud ovest della Giordania.
Ti sveliamo la storia di questa incredibile città nel cuore della Giordania e qualche consiglio sui luoghi principali da visitare.
La scoperta di Petra, la Città Rosa
Immagino il tuffo al cuore che deve aver provato nel 1812 l’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt quando, fingendosi un pellegrino che voleva compiere il sacrificio di un agnello in un tempio nella zona di Wadi Musa sotto le mentite spoglie di Cheikh Ibrahim, riuscì a passare accompagnato da una guida locale attraverso la città di Petra. Nessun occidentale fino ad allora era riuscito a vedere la città mitica di cui gli Arabi spesso parlavano, custodendo gelosamente questo tesoro nascosto. Agli Ottomani non piacevano i forestieri che si prendevano la libertà di curiosare, e Burckhardt non si poté fermare a Petra nemmeno per prendere appunti o fare un rapido schizzo della meraviglia che gli si era parata davanti. Fu grazie a lui ed alla pubblicazione di un suo resoconto di viaggio, che la notizia dell’esistenza di questa magica città rosa iniziò a circolare in Occidente, portando a Petra le prime vere spedizioni archeologiche soltanto una decina di anni più tardi. A Petra sono stati scoperti più di 800 monumenti di cui 500 sono tombe e si pensa sia stata edificata a partire dal I secolo a.C. per opera iniziale degli Edoniti, una popolazione che viveva a sud dell’attuale Israele, tra Egitto e Giordania. Gli Edoniti furono sostituiti dai Nabatei, probabilmente in seguito ad un conflitto sul predominio dei territori, garantendo a questi ultimi la supremazia sul golfo di Aqaba e sull’approdo di Elath, due rotte commerciali molto importanti all’epoca. I Nabatei erano infatti commercianti, di cultura araba ma con pesanti influenze aramaiche. Decisero di edificare la città di Petra in un luogo remoto e segreto, difficilmente raggiungibile, per cercare di proteggersi dagli attacchi e tenere avvolte nel mistero le rotte commerciali sfruttate affinché nessun altro potesse usufruirne. Nel VII secolo la abbandonarono, pare minacciati da alcune avversità climatiche dall’enorme forza distruttiva, e da allora fino alla sua rivelazione al mondo occidentale, Petra diventò il rifugio temporaneo dei beduini, che vi stazionavano durante i loro viaggi nel deserto.
L’arrivo dei Nabatei e l’incredibile rete idrica di Petra
L’accesso alla città è davvero suggestivo, a Petra ancora oggi si arriva solo a piedi o in sella ad un cavallo, e si effettua percorrendo una stretta gola chiamata Siq lunga poco più di un chilometro, tra le pareti di roccia policrome stratificate che rivelano gradazioni di colore diverso che vanno dal giallo ocra al rosa e dal rosso acceso al bianco. Sono il suggestivo risultato del lavorìo del tempo e delle condizioni ambientali, che a seconda del diverso livello di ossidi presenti nella sedimentazione, hanno fatto sì che l’arenaria presente in queste zone mostrasse venature di colore diverso lasciate lì come fossero le rughe di un antico volto di roccia, i fieri segni che scandiscono lo scorrere degli anni.
I Nabatei provenivano dall’attuale zona dello Yemen ed usavano la città di Petra come base per i loro commerci, incentrati prevalentemente su incenso, mirra e bitume. Erano una popolazione molto evoluta e lo testimonia anche la complessa rete idrica che riuscirono a costruire per assicurarsi l’approvvigionamento di riserve d’acqua adeguate che gli consentissero di vivere in questa zona. La posizione in fondo ad una valle e la particolare impermeabilità del tipo di roccia, permetteva il rifornimento ed il recupero delle acque pluviali con un articolato sistema di bacini di raccolta di più di 200 vasche e di alcune cisterne sotterranee, che permettevano di avere a disposizione 40 milioni di litri di acqua al giorno. Era stato istituito un severo sistema di regolamentazione per la fornitura delle famiglie per permettere a tutti l’accesso alle riserve. L’acqua scorreva in lunghe tubature di terracotta e ceramica di cui sono ancora visibili i resti. Quest’opera è paragonabile al sistema dell’acquedotto utilizzato dai Romani, creando una sorta di oasi artificiale nel mezzo del deserto. Ancora oggi un enorme albero di pistacchio segnala il punto in cui un tempo sorgeva addirittura il Ninfeo, una fontana pubblica dedicata appunto alle Ninfe. I Nabatei furono alleati dei Romani e rivali della dinastia ebraica. Una parte della città, come ad esempio la strada lastricata ed il lungo colonnato, non sono che il segno del loro passaggio. In queste zone, un tempo si riusciva nella coltivazione di cereali come l’orzo o il grano, alberi da frutta e viti, ed il ritrovamento di antichi torchi sembra testimoniare l’influenza che i Romani ebbero anche nella produzione del vino.
I monumenti più importanti da visitare a Petra
Per visitare Petra ci vuole almeno un’intera giornata ed è bene vestirsi comodi, magari con dei pantaloni freschi e lunghi ed una scarpa adatta. Quando viaggio in Medio Oriente porto sempre una stola con cui potermi coprire la testa nella borsa e a Petra questa abitudine diventa anche un ottimo modo per proteggersi dal sole cocente.
Sarete contenti di aver indossato calzature confortevoli soprattutto quando si tratterà di salire gli 800 gradini di pietra scavati nella roccia che vi porteranno al monastero di ad-Deir a nord della città, o raggiungendo la spianata del Monte del Sacrificio, o al-Madbah, l’altare sopra cui i Nabatei immolavano gli animali alle divinità, facendo defluire il loro sangue a valle tramite una rete di canali di scolo.
Quello che viene chiamato il Tesoro del Faraone o El Khasneh è uno dei monumenti più imponenti e suggestivi di Petra. La sua facciata monumentale scavata nella roccia emerge dalle pareti in maniera imperiosa ed il passaggio del sole in diversi momenti della giornata regala alla roccia sfumature di colore diverso in una magico gioco di luci. Si pensa venne costruita per ospitare la tomba di un potente sovrano nabateo e si trova isolata rispetto a tutte le altre tombe di Petra, da cui differisce anche per l’aspetto. Deve il suo nome ad un leggendario tesoro che sembrerebbe essere stato nascosto all’interno di una delle urne dal re, che voleva proteggerlo dagli Israeliti.
Poco al di fuori del Siq, c’è la lunga serie di tombe scavate nella roccia in quella che viene chiamata appunto la Strada delle Facciate.
I Nabatei avevano costruito anche un grande teatro, che poteva contenere fino ad 8.000 spettatori di cui rimangono solo alcuni resti. Durante un terremoto rimase fortemente danneggiato e le sue rovine furono utilizzate per ricostruire le abitazioni e le chiese.
Le tombe più interessanti della città di Petra sono quelle Reali, scavate nelle falesie del massiccio di jebel al-Khubtha, con elementi che ricordano le influenze ellenistiche, romane, bizantine e corinzie.
Dei templi di Petra purtroppo rimangono pochi resti, fondamentalmente i colonnati, perché furono distrutti sia dai terremoti cui questa zona era molto soggetta, che dalle popolazioni che ogni volta provavano a stabilire il loro dominio sui Nabatei.
A Petra si possono visitare anche due musei archeologici che custodiscono altri reperti rinvenuti nella città. Sulle alture che sovrastano i musei, il Monastero di al-Deir, è uno dei monumenti meglio conservati di tutta la città e sicuramente uno dei più affascinanti. La sua facciata scavata nella parete rocciosa ricorda quella del Tesoro, ma le sue dimensioni sono di gran lunga maggiori. Si pensa fosse stato costruito come tomba, ma le molte croci bizantine hanno fatto pensare al suo utilizzo successivo come monastero.
Quando iniziano a scendere le luci del tramonto, i giochi di luci ed ombre che si creano sull’arenaria e la policromia della roccia, fanno sembrare Petra un posto immaginario, sospeso in una dimensione magica che fluttua al di là dello spazio e del tempo. Ci rinfreschiamo bevendo una bibita fresca nel chiosco appena fuori dal monastero godendoci questo magnifico spettacolo naturale, opera un po’ della natura ed un po’ del grande ingegno dell’uomo.
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