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Vaggio in Cina: Xiamen la città magica
E ci innamoriamo ancora una volta, e ancora scatta la molla del cuore.
M. Gualtieri
Monotonia contro libertà
Vi è, pare, negli esseri umani, un leggero brusio interiore che equivale all’impulso a stabilirsi in maniera permanente in un luogo particolare. Conosco tante persone che nella routine, nel fare sempre lo stesso lavoro, nel cercare casa a pochi chilometri dall’azienda dove sono stati assunti, trovano quel senso di stabilità di cui hanno bisogno. Magari rinunciano alle ambizioni, accantonano sogni straordinari, accettano compromessi, stanno con quella ragazza perchè trova posto nella cornice piccolo borghese in cui si sono visti fin da bambini, come i loro genitori, come gli amici del paesello.
Nel periodo Vittoriano degli scienziati che rispondevano al nome di “frenologi” studiavano la natura attraverso l’analisi della forma del cranio. Sostenevano che questo impulso alla stabilità fosse innato e lo chiamarono “abitatività”: amore per la monotonia.
Ovviamente questa parola finì per essere dimenticata da tutti e la frenologia perse qualsiasi credibilità in campo scientifico.
E come dar torto al corso degli eventi? Una parola non cade forse nel dimenticatoio e scompare dal nostro vocabolario perché non esiste più come concetto? Il bisogno di stabilità ha lasciato il posto alla mobilità, alla dinamicità, all’idea che non siamo fatti solo per “metter su casa” ma piuttosto per esplorare, sgattaiolare nei meandri del mondo, scoprire cose nuove, girovagare in libertà.
Viaggiare in Cina e innamorarsi di Xiamen
È con questo spirito libero che mi capita spesso di visitare città nuove, innamorarmene e pensare a come sarebbe bello viverci, trovare una soffitta con vista sul mare, fare la spesa al negozietto sotto casa, conoscere la vicina e la sua bambina con la frangetta.
Mi è capitato a Xiamen, capitale del Fujian, città portuale nel sud della Cina.
Con i suoi adorabili edifici in stile coloniale e la brezza rinfrescante che arriva dall’Oceano è una delle città più piacevoli da visitare nel Fujian e sta diventando una delle principali mete turistiche cinesi.
Xiamen ha attratto stranieri per secoli e mantiene un certo charme da vecchio mondo, specialmente nella vivace zona del lungomare.
La Xiamen di ieri
Chiamata anche Amoy, fu fondata nel XIV secolo durante la Dinastia Ming. I portoghesi arrivarono nel XVI secolo, seguiti da inglesi, francesi e olandesi che la trasformarono in un importante porto commerciale. Venne poi chiusa agli stranieri fino a quando, durante la Guerra dell’Oppio, la forza navale britannica attaccò la città per farne il primo porto commerciale a dominio straniero. Di seguito europei e giapponesi vi stabilirono consolati e uffici commerciali trasformando l’isola di Gulang Yu, di fronte a Xiamen, in una enclave straniera. Xiamen fu conquistata dai giapponesi nel 1938 e rimase sotto il loro dominio fino al 1945.
La Xiamen di oggi
Xiamen è una città metropolitana, moderna, che ha saputo però mantenere un’atmosfera elegante e rilassata.
La vicina isola di Gulang Yu è un incantevole rifugio di viuzze sinuose e stradine ombreggiate, incastonato in un crepuscolo architettonico di mura coloniali e resti fatiscenti. Vale la pena trascorrere qualche giorno ad esplorare il posto e assaporare i piatti tipici della cucina locale ricchi di pesce e crostacei.
La città di Xiamen si trova sull’omonima isola ed è collegata alla terraferma da una ferrovia, da ponti, da sopraelevate e da una ciclabile.
Le parti interessanti della città si sviluppano sul lungomare, nella parte a ovest del centro, da dove partono i pittoreschi traghetti verso Gulang Yu. Questa è la vecchia parte della città, famosa per la sua architettura pittoresca, i parchi e le stradine tortuose e piene di turisti.
Niente è quello che sembra
Ma la cosa più preziosa di Xiamen per me, il mio posto del cuore, è un bar segreto. Trovarlo non è facile, e ogni volta si fatica a ripercorrere la strada che ti ci porta, quasi lo spostino per nasconderlo. Non è un locale che devi cercare, ma un negozio di fiori, uno dei tanti. Quando avrai trovato il fiorista giusto lui ti guarderà con sguardo complice continuando nel suo ikebana e tu dovrai salire una scala a chiocciola fino ad arrivare in questo piccolo bar dallo stile britannico, dove le esperte mani di due coreografici barman ti serviranno fantastici cocktail. L’aria è pervasa dal profumo dei fiori recisi, le luci sono soffuse e la musica ricercata.
Quando poi esci dal locale e ti volti a dare un ultimo sguardo il fiorista già è scomparso. La porta si è chiusa quasi a dirti che era quella la tua chance, e non potrai più andarci.
Si chiude una porta ma si apre un portone dicono. Io sta cosa delle porte che si chiudono e dei portoni che si aprono la vedo come un insulto alla resilienza, il simbolo della magra consolazione. Se si chiude una porta io la voglio riaprire, e riaprire e riaprire. Prima o poi ci sarà di nuovo quello che cercavo, o meglio ancora qualcosa di nuovo e inaspettato. In fondo a questo servono le maniglie no? A riaprire tutte le porte che si erano chiuse.
E quindi ogni volta che sono a Xiamen, cerco quel bar, anche per ore, e alla fine lo trovo sempre.
Cercalo anche tu nel tuo prossimo viaggio in Cina.