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Il blog di Girolibero

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Un tuffo nelle Cicladi: trekking sui sentieri di Milo

A poche ore di traghetto da Atene c’è un’isola delle Cicladi ricca di storia, tradizioni e…  frammenti di arcobaleno sulle spiagge.

Immaginate una luminosa mattina di primavera, con Zefiro che soffia fresco sui campi fioriti e il mare limpido a un passo da voi. Tra le case del villaggio di Adamàs sfrecciano le rondini appena arrivate dall’Africa, e nelle cucine fervono i preparativi per la Pasqua ortodossa. Non sappiamo se l’8 aprile del 1820 a Milo l’atmosfera fosse proprio questa, ma ciò che sappiamo per certo è che quel giorno il contadino Yorgos Kentrotas stava sistemando il suo campo (chissà, magari la moglie impegnata a cucinare lo aveva spedito in campagna!), oppure trafficava con certi lavori di ristrutturazione della sua casa (anche questo, non lo sappiamo), quando si trovò davanti a un sasso più grande del solito. Incuriosito, si mise a scavare e si trovò davanti al busto di una gigantesca donna di marmo.

Mancavano le gambe, che vennero ritrovate di lì a poco. Le braccia invece no, quelle non si trovavano. Yorgos era un contadino, ma comprese subito che quella statua era preziosa. Si precipitò quindi al porto, dove era alla fonda la nave francese Chevrette, in ricognizione nell’Egeo, e chiese all’ufficiale Olivier Voutier di seguirlo a vedere cosa aveva trovato. Anche in questo caso, non sappiamo che faccia abbia fatto Voutier quando per primo si trovò davanti alla Venere di Milo, però insomma… possiamo immaginarlo!
Di lì a pochi mesi la famosa statua era già in Francia, e oggi è esposta al Louvre. Ma il luogo del ritrovamento merita senz’altro una visita, se non altro per il magnifico panorama che abbraccia tutta la baia, formata dalla caldera di un antico vulcano e considerata il porto più sicuro delle Cicladi. Non è un caso quindi che proprio qui i veneziani abbiano deciso di costruire una fortezza, ma nella stessa zona si possono ammirare anche i resti di alcune catacombe e uno spettacolare anfiteatro romano a picco sul mare. La scenografia di certo non mancava.

Le bianche scogliere di… Sarakìniko

Dopo Naxos, Milo vanta il maggior numero di spiagge, ben 75! Niente di meglio quindi che raggiungerle a piedi per sentieri. Essendo poi l’isola di origine vulcanica, la sua geologia la rende davvero unica e le sue spiagge sono una vera esplosione di colore. A Sarakìniko, per esempio, le scogliere di un bianco abbagliante sembrano essere scese direttamente dalla luna, e si tuffano con forme eleganti nel mare cristallino, come fossero sculture moderne. Anche a Firiplaka le rocce sono bianche, ma con delle stupende venature rosa che risaltano sul turchese dell’acqua, mentre a Paleochori si esagera: la spiaggia è fatta di ciottoli rossi, verdi e gialli, mentre nei fondali a ridosso della battigia l’attività vulcanica genera sorgenti di acqua calda.

Una Pasqua isolana… tra celebrazioni e manicaretti

Visitare la Grecia e le Isole Cicladi nel periodo di Pasqua è un’ottima idea per entrare in contatto con la sua anima più vera. Sii tratta di una festività molto sentita, e nelle isole forse ancora di più. È una festa che si trascorre in famiglia, e le usanze variano molto da luogo a luogo. Andare in Grecia in questo periodo è un’ottima idea . Ecco quindi un veloce prontuario, per non trovarsi impreparati.

La Pasqua ortodossa non coincide sempre con quella cattolica, perché segue il calendario gregoriano, che differisce da quello giuliano di tredici giorni.>I greci iniziano a prepararsi già in Quaresima, ma le celebrazioni vere proprie cominciano il Giovedì Santo, quando nelle case si colorano le uova di rosso perché, secondo la tradizione, le uova nel paniere di Maria Maddalena sarebbero diventate rosse per convincere Pietro della Resurrezione; sempre secondo la tradizione, queste uova seppellite vicino a un albero garantiscono frutta in quantità e addirittura si conserverebbero per un anno intero. Sempre il giovedì si preparano i “koulorakia“, biscotti al burro a forma di campana, ovetti o di “Lazzari”, figurine con mani e piedi sproporzionati, e un pane dolce intrecciato chiamato “tsoureki“. Questo dolce, simile alla cuddura delle nostre regioni meridionali, ha un sapore molto particolare, dato da tre particolari spezie: il mahlepi (semi di ciliegio canino essiccati), il cardamomo e il tmastice di Chio (una resina molto diffusa nei paesi del Mediterraneo, ottenuta dal tronco del lentisco).

Il Venerdì Santo è giorno di digiuno e assoluto riposo, e termina con la processione, chiamata Epitaphios. Il termine, per gli antichi greci, stava a indicare il discorso pubblico in onore degli eroi caduti, mentre nel mondo bizantino l’epitaffio simboleggiava il sudario in cui era avvolto Cristo.

Il Sabato Santo vede il culmine delle celebrazioni quando a mezzanotte il pope bussa per tre volte alla porta della chiesa per annunciare la Resurrezione; i fedeli ricevono una candela accesa come simbolo di buon auspicio, che viene portata a casa per accendere il lumicino davanti alle icone sacre conservate in famiglia. La fiammella deve poi essere mantenuta fino alla Pasqua successiva. A cena si consuma un piatto tipico, una zuppa di interiora di agnello chiamata “maghiritsa“.


Infine, la Domenica di Pasqua è il giorno dei banchetti all’aperto, e delle tavole imbandite con l’agnello allo spiedo, detto “ovelias”, la cui preparazione intreccia la tradizione cristiana con quella classica pagana: sembra infatti derivare dal sacrificio agli dei fatto dopo un enorme incendio, narrato anche da Omero. Non è poi raro imbattersi in balli e festeggiamenti, dove gustare del buon ouzo.Insomma, andar per contrade in Grecia nel periodo di Pasqua è un’esperienza unica, un vero distillato di natura, tradizione e culinaria. Un’esperienza replicabile anche d’estate in Grecia, soprattutto nelle bellissime Isole Cicladi.

Buon viaggio e… chrònia pollà!


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