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Il blog di Girolibero

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Happy to read here – Settembre nell’intimo della periferia

Dopo un agosto metropolitano, in giro per capitali (ricordate i nostri due ultimi consigli?), l’arrivo dell’autunno concilia letture più intime, ambientate in cittadine di “periferia”. Scopriamole insieme alle nostre Personal Book Shopper Gioia e Valentina!

Tutte le anime di Javier Marías (Einaudi, 222 pagine)

«Oxford è una città inospitale e conservata sotto sciroppo». Non sono parole dell’autore che neppure attribuisce questa considerazione all’io narrante, un professore spagnolo prestato all’Inghilterra per un paio d’anni, ma a un suo predecessore. Eppure i tratti lenti e fuori tempo della cittadina universitaria, le descrizioni delle «smorte domeniche esiliate dall’infinito», il fastidio per le campane che scandiscono «sconsideratamente» il tempo a quarti di ora fanno da cornice perfetta agli eventi che, viceversa, sono sopra le righe.

Dietro la cortina opaca e rigorosa dell’università conosciuta in tutto il mondo si celano dinamiche bizzarre e personaggi altrettanto bizzarri e irrisolti, come spesso sono quelli di Marías: vecchi e giovani docenti universitari affetti da tic e ossessioni, persino un portinaio con il vizio di fingere di vivere in un’altra epoca, un giorno il 1935 un altro il 1960 −e invece sono gli anni ottanta−. Il protagonista entra in confidenza con alcuni di loro, di uno seduce la moglie fino ad innamorarsene, non ricambiato.

L’autore nella sua narrazione è come tracciasse un cerchio, che vuole perfettamente richiudere, intessendo un ragionamento che permea le pagine, ma c’è di più: un umorismo brit, quasi che lui, spagnolo, fosse contagiato dal contesto, cadenza il ritmo del romanzo. Esilarante e paradossale il racconto minuzioso delle high tables, le magniloquenti cene organizzate dai college in cui i docenti devono attenersi a rigida etichetta, discutere a cronometro, e lasciare la tavola con il tovagliolo addosso. Tutto accade ad Oxford, e non potrebbe essere altrimenti.

Le nostre anime di notte di Kent Haruf (NNeditore, 171 pagine)

Dove scappereste se voleste tirare il fiato? Se voleste riappropriarvi del tempo, o anche solo rallentarlo? Se vi sentiste soli, o incompresi, e cercaste un grembo materno che v’accolga? Probabilmente vorreste andare a Holt, in Colorado. Peccato che Holt non esista. È frutto dell’immaginazione dello scritture statunitense Kent Haruf che l’aveva così bene in mente e che l’ha descritta nei suoi romanzi a pennellate così vivide, e mai invadenti, che l’editore italiano ne ha persino fatto disegnare la mappa.

Holt però è una geografia dell’anima. Rappresenta un modo di vivere dove quel ch’è interno (i sentimenti, le relazioni, i ricordi) prevale su quel che è fuori (le cose da fare, le superfetazioni della contemporaneità: cellulari, televisione ecc., persino gli eventi storici è come non la toccassero).

Così l’autore si accomiata dai suoi lettori, dopo tre altri romanzi ambientati ad Holt, con una storia dolce e quasi irreale: Addie Moore chiede al suo vicino di casa Luis Waters di farle compagnia la notte, perché si sente sola. Sono entrambi vedovi e ultrasettantenni, ma, piano piano, tra loro nasce l’amore. E come per i grandi amori del passato viene contrastato. Ma come altro può essere il sentimento universale quando la vita è quasi tutta già trascorsa? Leggere per scoprirlo, con i fazzoletti in mano.

(foto di copertina Massimo Pistore)

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